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Diana Inerme

Non ha la forza di versi limpidi né il vigore di immagini chiare esumate dal mito del passato, come le composizioni più tarde del poeta. Eppure, a leggerla bene, questa poesia ispirata dal lago di Nemi reca l’inequivocabile e dunque riconoscibile impronta di Gabriele d’Annunzio. Fu probabilmente composta dopo l’estate del 1885 e inizialmente pubblicata sul numero dell’8 novembre del diffuso settimanale letterario «Fanfulla della Domenica». In seguito sarebbe stata inclusa in alcune raccolte dannunziane, la più nota delle quali rimane Isaotta Guttadauro, per la prima volta edita a Natale del 1887.

 

F106

Diana inerme
Quando a ’l mattino il Sol gode tra li alberi
con aurea bocca attingere
il fior de l’acque, ridono i miracoli
de la luce ne ’l mobile

specchio. Ed i cervi, a cui ne li occhi il fascino
sta de le solitudini
natie, sazi de ’l pascolo, su ’l limite
scendono in torme a bevere.

Or le cervine imagini e le arboree
tremano a ’l fondo in pendula
corona: s’ode ne la pace il crepito
de le lingue che lambono.

E, poi che lievi l’aure sopra giungono,
i mammiferi timidi
ergono il muso ne l’inquietudine,
grondanti da le fauci.

Passano lievi per la selva l’aure.
Sospiran come cetere
li alberi a torno, e ne ’l divin silenzio
più gran dolcezza piovono.

Oh de le antiche iddie presente spirito!
Non quivi un giorno, in libero
d’erbe e di fior’ profondo letto, giacquero
donne possenti e amarono?

Biancheggia entro le chete acque una statua,
sommersa; le marmoree
forme de ’l petto resupino, simili
a chiusi fiori, emergono.

È Diana: così dorme da secoli.
Ma pur, quando a le tiepide
lunazioni estive i boschi odorano,
si sveglia ella; ed il lucido

corpo piegando in arco alzasi. Tremano
l’acque raggiate; e, attoniti
in conspetto di tal forma, su’ margini
non han li alberi fremito.
Alzasi lenta; e cresce come nuvola,
come su da la tenebra
crescea per l’arti de la maga tessala,
porgendo la man nivea.

Da quel divino gesto attratti, vengono
i cervi a lei con docile
bramire, ed una siepe alta compongono.
Gioisce a lo spettacolo

di tanta preda il cuore de la vergine
cacciatrice. – Oh lietissime
stragi sonanti lungo i fiumi patrii! –
ripensa ella; e sommergesi.

Gabriele d’Annunzio

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